Dessert
Temi di riflessione
Temi di riflessione
Credits: Gemini AI
10 luglio 2025
Siamo sommersi da notizie, spesso guidate da algoritmi, interessi e titoli sensazionalistici. In questo rumore la vera bussola non è la quantità di dati, ma la credibilità di chi li racconta.
Credits: Gemini AI
Oggi viviamo nell’era del digitale, del silicio e dell’intelligenza artificiale (con la quale ho realizzato alcune delle immagini di questo sito). È un tempo segnato dal bianco e nero, dal pro e dal contro, ma raramente ci soffermiamo a riconoscere la complessità che abita la realtà. È anche l’epoca del “tutto e subito”, che ha indebolito la nostra capacità di attenzione e di attesa.
Al tempo stesso, siamo immersi nell’era della comunicazione e delle notizie. Siamo continuamente circondati da (troppe) informazioni che ci intercettano, a volte senza che noi le cerchiamo. Ci troviamo davanti a una mole di dati di cui non sappiamo riconoscere neanche la veridicità, spesso la stessa AI non cerca, ma inventa informazioni.
Inoltre, siamo anche nell'era della scienza, del progresso scientifico che desidera andare sempre oltre. Non è sbagliato desiderare di andare oltre: lo stesso Dante non mette Ulisse all'Inferno per essere andato oltre le colonne d'Ercole e, anzi, dedica un canto non alla sua condanna ma al suo desiderio di oltre: "Ma misi me per l'alto mare aperto".
Ecco! In questo contesto mi chiedo quindi: come orientarsi davanti all'enorme (e indesiderata?) quantità di informazioni scientifiche che ci arrivano ogni giorno?
Sicuramente i quotidiani e altri giornali hanno quasi tutti una rubrica dedicata alla scienza e alle nuove scoperte tecnologiche. Io stesso apro alcune testate la mattina per cercare delle novità o mi appaiono sui social dei post degli ultimi articoli pubblicati. Tuttavia, trovo che questi articoli abbiano fondamentalmente due difetti. Il primo sta nei titoli: poco scientifici e pensati esclusivamente per emozionare o per attrarre l'attenzione. Questi titoli sono tipici clickbait, contenuti ideati per convincere l'utente a cliccare, permettendo quindi qualche forma di monetizzazione. Quindi, la scientificità e la veridicità della notizia vengono, almeno in parte, sacrificate per un clic. Il secondo problema sta nella scelta degli articoli che vengono pubblicati. Perché oggi possiamo leggere ovunque di una nuova cura per il Parkinson e domani di una forma di vita sconosciuta in fondo all’oceano? Questo è colpa e merito dei cosiddetti media multipliers, i moltiplicatori di media che permettono di amplificare una certa notizia raggiungendo così i giornalisti che poi scriveranno un articolo su quel tema. In pratica: se una grande agenzia stampa o una piattaforma decide di dare risalto a un fatto, la notizia rimbalza ovunque. E allora: chi decide quali notizie diffondere e quali no? Algoritmi che privilegiano ciò che genera più engagement. (coinvolgimento). Inoltre, notizie polarizzanti, che creano conflitto, e emozionali sono più facilmente diffondibili. Infine, lobby o governi spinti da interessi economici, e non solo, possono utilizzare i canali di comunicazione per diffondere una notizia piuttosto che un'altra.
Insomma, se sei arrivato fino a qui a leggere, sembra che la situazione sia più grigia di quando avevi iniziato questo articolo. Sembra quasi che non scegliamo neanche le notizie da leggere, ma sono loro a scegliere noi. E in parte è così. Quindi non c'è speranza?
Una delle fonti più attendibili per informarsi sui progressi scientifici rimane la lettura degli abstract dei paper scientifici: la fonte originale dell'informazione. Certo, ci vuole una discreta cultura scientifica e un enorme tempo per poter analizzare e valutare tutte le informazioni (si stima che vengano pubblicati circa 10.000 articoli scientifici al giorno). Inoltre, anche la stessa ricerca scientifica soffre di una brutta malattia chiamata "publish or perish" ("pubblica o muori") ossia la pressione continua sui ricercatori a produrre articoli, pena la perdita di fondi o di carriera. Una logica che mina spesso la qualità della ricerca.
Ancora delusi? Tranquilli, rimane ancora una fonte di cui dobbiamo parlare... Un mio amico giornalista una volta ha scritto: "Le persone non cercano una morale più chiara, ma una testimonianza che abbia carne". Forse quello di cui abbiamo bisogno in questo mare di informazioni non è solo la rotta precisa e le capacità per interpretare tutti i dati che ci circondano. Forse quello di cui più abbiamo bisogno è un testimone attendibile in carne ed ossa, qualcuno di cui fidarci. Tra questi troviamo anche giornalisti molto validi che, come diceva Papa Francesco, sono "al servizio del vero, del bene, del giusto" e aiutano "a costruire la cultura dell'incontro" (2019). Esistono anche molti divulgatori validi soprattutto sui social che spendono tempo e energie per riportare con accuratezza fatti e dati credendo ancora che la complessità vada spiegata e raccontata non in un reel di pochi secondi. Quali qualità devono possedere questi testimoni? Non servono supereroi, ma due doti fondamentali.
La prima è la competenza: conoscere davvero l’argomento di cui parlano, non per sentito dire, ma per esperienza diretta o per un serio lavoro di approfondimento. La seconda è la lealtà verso chi ascolta: la capacità di raccontare senza piegare i fatti a un tornaconto personale o a un colore politico, con la libertà di chi mette la verità davanti alla convenienza.
Il divulgatore scientifico deve essere un ponte tra la dura e pura scienza e le persone Per questo motivo, deve conoscere bene entrambi i campi di gioco. Da un lato deve giocare con le regole della scienza, ascoltare e capire cosa dicono gli scienziati di ieri, di oggi e essere pronto a scoprire cosa diranno quelli di domani. Le regole le detta il gioco, le detta la scienza e gli scienziati, non il divulgatore. L'abbiamo già detto: gli scienziati potrebbero sbagliare (e a volte sbagliano di grosso!), ma non per questo bisogna essere meno scientifici. La verità dei dati chiede più scienza, mai meno. Dall'altro lato, un buon divulgatore deve conoscere il pubblico a cui si rivolge, coloro che sono interessati. Deve puntare tutto sull'interesse degli ascoltatori ma senza piegare fatti o dati a ciò che vorrebbero sentirsi dire. Insomma... un lavoraccio! Ma credo ne valga la pena.
Alla fine, tra i tanti canali, algoritmi e flussi incessanti di dati, la vera differenza la fanno le persone che si assumono la responsabilità di dare carne e voce all’informazione. Perché in un’epoca in cui tutti parlano, non sempre servono più parole: servono testimoni credibili. E forse è proprio da lì che può ricominciare la fiducia.